di Massimiliano Renaud
“Ritardatario del cazzo.”
“Diversamente puntuale, direi, il ritardo vero si conteggia dopo la mezz’ora.”
“Se mi restituissero le mezz’ore che ho passato ad aspettarti, tornerei in quarta liceo.”
“Quando hai finito con la paternale mi passi la maschera? Quel coglione ci resterà di merda.”
“Sei sicuro che queste due proboscidi basteranno a non farci riconoscere?”
“Sono maschere veneziane, cretino! E cosa fanno, da sempre, a Venezia?”
“Bestemmiano.”
“Si, e…”
“Il carnevale!”
“Bravissimo! E se una città intera ogni anno si traveste vuoi che non sappiano fare una cazzo di maschera?”
“Mah. Se lo dici tu. Dai, metti i guanti e prendi le pistole, le stapperemo prima di entrare nel bar.”
“Nasconditi o ci vedrà, il bar è vuoto, passami il plasticone e togli il tappo dalla canna. Stavolta si caga addosso davvero. Pronto?”
“Pronto!”
“Svuota la cassa testa di cazzo! E non metterti a urlare perché ti sparo in bocca.”
“Ok…ok, fammi solo andare al registratore di cassa. Mi hanno rapinato la settimana scorsa, non voglio farmi sparare ancora.”
“E allora muovi il culo e caccia i soldi.”
“Ecco, tenete…oh cazzo, mi è caduto un centone, aspetta, lo raccolgo.”
“Raccoglilo e salutalo per sempre. E fai in fretta!”
“Non preoccuparti, ho già fatto.”
“Ma…che cazzo…”
La vetrinetta delle bibite cede di schianto colpita dal proiettile sbucato dalla base del collo.
Un urlo strozzato dal panico.
Un altro colpo.
L’eco che rimbomba come una campana a morto nel cemento del quartiere.
Giuseppe rifiata, l’adrenalina continua a scuotergli gli arti ma aiuta il cuore a ritrovare il suo battito.
I due uomini a terra, per uno strano caso, stringono ancora qualcosa fra le dita non impegnate con le pistole.
In una delle due mani sinistre posate al pavimento con le falangi ancora chiuse, due tappi rossi rubati a un paio di armi giocattolo.
Nell’altra, una busta, un biglietto, una frase.
Sorpresa! Tanti auguri, Gio! M. & F.